Quando ero ragazzino non vedevo l’ora che arrivasse l’estate per due motivi: il primo perché finiva la scuola e potevo giocare tutto il giorno senza preoccuparmi di dover fare i compiti, il secondo perché con tutta la famiglia traslocavamo al mare per tutto il mese di luglio ad Alba Adriatica dove dal mattino alla sera ogni giorno era una gran festa. Il rientro in città ad agosto non poteva che essere traumatico dai tornei di pallavolo alle serate interminabili sul lungomare o agli amori fugaci ci si ritrovava chiusi tra le quattro mura di casa in una città calda e deserta quando le città si svuotavano davvero. Ma la noia e la tristezza venivano fortunatamente interrotte da gite serali fuori porta che i miei genitori nonostante la giornata a lavoro non facevamo mancare a noi figli. La destinazione non era casuale ma un posto ben preciso: Corropoli un piccolo paese in provincia di Teramo a confine con le Marche nonché città natale di mio padre che ad agosto incrementava e accade ancora oggi la sua popolazione in occasione della storica sagra enogastronomica.
Quella a Corropoli era ed è ancora oggi una delle sagre più importanti del teramano, la bellissima Piazza Piè di Corte e le vie limitrofe del paese si popolavano di stand diversi ognuno con un piatto differente; il precursore dell’odierno street food. Dai classici arrosticini, al panino con la salsiccia alla brace, ai piatti tipici del posto come la capra alla neretese, una squisitezza che presto condividerò sul blog. Per noi ragazzi due erano i piatti che appena mettevano piede in piazza ci precipitavano a prendere facendo una fila interminabile: la frittella e il panino con il formaggi fritto.
Se chiudo gli occhi mi sembra di sentire ancora tutti i profumi nell aria mescolarsi quasi a crearne uno solo quello tipico di quei giorni e indimenticabile. Non era solo una gita fuori porta ma molto di più: andare a Corropoli voleva dire incontrare lo zio Nino e la zia Carla e i cugini Stefano, Cristina e Gianni dividerci per fare la fila nei vari stand, cercare un tavolo libero e stare tutti assieme sorridere e divertirsi sotto un cielo pieno di stelle. Gli anni passano ma i ricordi fortunatamente restano e a volte sono proprio gli stessi ricordi a farmi tornare la voglia di sentire quei sapori che portano con se tante emozioni. Ogni tanto quanto torno a Teramo dalla mia famiglia mia madre sa perfettamente come coccolarmi e prendermi per la gola; mi basta varcare la soglia di casa per riconoscere il profumo del suo speciale formaggio fritto e tornare immediatamente a quelle sere d’estate nella piazza di Corropoli con la musica e quella confusione piacevole e a quando ho conosciuto e amato il mio primo panino con il formaggio fritto.
Formaggio Fritto
- Mezza caciotta, possibilmente nostrana, meglio se di un contadino di fiducia, di latte di pecora oppure mista mucca e pecora
- Farina 00 q.b.
- Acqua e sale q.b
- Olio di semi
Tagliate la caciotta a fette non sottili ma neanche troppo spesse, circa 5/6 mm. In una scodella preparate la pastella – io faccio ad occhio – mettete farina setacciata, acqua frizzante e sale e tenetela fredda con dei cubetti di ghiaccio. In una padella alta fate scaldare l’olio di semi abbondante e quando avrà raggiunto la temperatura passate una o più fate di formaggio nella pastella e poi subito nell’olio ben caldo (il numero di fette di formaggio dipende dalla capienza della padella). Friggete le fette di formaggio per circa due o tre minuti facendo attenzione a non farle bruciare o bucare la pastella. Scolate bene ed asciugate su carta e servite. Potete mangiarlo semplicemente con dell’insalata oppure come piace a me in mezzo a due belle fette di pane casereccio.
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